valutazione rischio microclimatico

Il microclima negli ambienti di lavoro rappresenta un elemento chiave per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Temperature troppo elevate o troppo basse, umidità inadeguata e ventilazione insufficiente possono determinare condizioni di discomfort o veri e propri rischi per la salute. La normativa italiana, in particolare il D.Lgs. 81/2008, impone al datore di lavoro l’obbligo di valutare e gestire il rischio microclimatico, adottando misure preventive e protettive adeguate. In questo articolo analizziamo i riferimenti normativi, le metodologie di valutazione e le strategie di prevenzione, con il supporto delle più recenti linee guida INAIL e delle buone prassi tecniche  

 

Quadro normativo: obblighi e responsabilità 

Il D.Lgs. 81/2008 riconosce il microclima come agente di rischio fisico (art. 180) e rende obbligatoria la valutazione del rischio (art. 181), richiedendo l’adozione di misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi. La valutazione deve essere parte integrante del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), che costituisce lo strumento operativo per la pianificazione degli interventi aziendali. La normativa distingue tra ambienti “moderabili” (dove è realisticamente possibile ottenere condizioni di comfort) e ambienti “severi” (dove le condizioni ambientali possono rappresentare un rischio per la salute). Nei primi, la valutazione si concentra sul raggiungimento del benessere termico e psicofisico; nei secondi, è necessario adottare strategie specifiche per la tutela della salute dei lavoratori. 

Parametri e criteri per la valutazione del rischio microclimatico

La valutazione del rischio microclimatico si basa sulla misurazione di parametri ambientali (temperatura, umidità relativa, velocità dell’aria, radiazione termica) e individuali (attività metabolica, abbigliamento). Gli strumenti utilizzati devono essere certificati e sottoposti a taratura periodica, generalmente biennale, secondo le indicazioni dei produttori e delle norme tecniche. 

La normativa e le linee guida INAIL raccomandano di effettuare le misurazioni in periodi rappresentativi delle condizioni più critiche (ad esempio, nei mesi più caldi o più freddi), in almeno due campagne annuali (estate e inverno) per ambienti climatizzati. La scelta delle postazioni di misura deve essere tale da evidenziare eventuali disomogeneità spaziali, considerando la presenza di superfici vetrate, fonti di calore o freddo, e la distribuzione dei lavoratori. 

Metodologie di valutazione 

La valutazione si articola in diverse fasi: 

  • Analisi preliminare: identificazione delle aree e delle attività a rischio, raccolta di dati storici e osservazioni sulle condizioni microclimatiche. 
  • Misurazioni strumentali: rilevazione dei parametri ambientali e individuali con strumenti certificati. 
  • Calcolo degli indici di comfort e rischio: applicazione di indici riconosciuti (ad esempio, PMV/PPD per ambienti moderati, WBGT per ambienti caldi, IREQ per ambienti freddi) per quantificare il livello di rischio o discomfort. 
  • Valutazione dei risultati: confronto dei dati rilevati con i valori di riferimento normativi e tecnici per individuare eventuali criticità. 
  • Individuazione delle misure di prevenzione e protezione: definizione di interventi tecnici, organizzativi e procedurali per eliminare o ridurre il rischio. 

Tutto il processo deve essere documentato nel DVR, con l’indicazione delle responsabilità, delle tempistiche e delle modalità di attuazione delle misure adottate. 

Misure di prevenzione e protezione 

Le strategie di prevenzione variano in funzione del tipo di rischio identificato: 

  • Per ambienti moderati, l’obiettivo è garantire il comfort termico tramite la regolazione degli impianti di climatizzazione, la gestione della ventilazione, la manutenzione periodica degli impianti e la formazione dei lavoratori. 
  • Per ambienti severi, è necessario intervenire con misure tecniche (isolamento termico, barriere protettive, dispositivi di protezione individuale), organizzative (turnazione, pause programmate, limitazione dei tempi di esposizione) e procedurali (procedure di emergenza, monitoraggio delle condizioni meteo, sorveglianza sanitaria mirata). 

Particolare attenzione va riservata ai lavoratori sensibili (ad esempio, donne in gravidanza, anziani, soggetti con patologie croniche), per i quali devono essere previste misure aggiuntive di tutela.

Aggiornamento e formazione 

La valutazione del rischio microclimatico deve essere aggiornata almeno ogni quattro anni, o in occasione di modifiche significative dell’organizzazione del lavoro, dei processi produttivi o degli impianti. È fondamentale garantire la formazione e l’informazione dei lavoratori sui rischi legati al microclima e sulle misure adottate, con particolare attenzione alle procedure di emergenza e alle buone prassi comportamentali . 

Conclusione 

La gestione del rischio microclimatico è un processo complesso che richiede competenze specifiche, strumenti adeguati e un approccio sistematico basato sulle migliori evidenze tecniche e normative. Solo una valutazione accurata e aggiornata può garantire la tutela della salute e del benessere dei lavoratori. Per approfondimenti o per una consulenza personalizzata, è sempre consigliabile rivolgersi a professionisti esperti e a realtà specializzate come Consulteam. 

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Consenso

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