Assoluzione del CSE: insegnamenti dalla Cassazione 23840/2025
La Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, con la sentenza n. 23840 del 26 giugno 2025, ha confermato l’assoluzione di un Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE) imputato per lesioni colpose in seguito a un infortunio in cantiere, definendo i limiti di responsabilità per il CSE.
La pronuncia si distingue per la chiarezza con cui ribadisce il perimetro della responsabilità del CSE, limitata ai rischi interferenziali, e non estesa ai rischi specifici propri dell’impresa esecutrice.
Un principio che conferma una linea interpretativa ormai consolidata, ma che resta spesso fraintesa nella pratica operativa dei cantieri. Comprendere questa distinzione è fondamentale per tutti i coordinatori, datori di lavoro e imprese coinvolte nella sicurezza in cantiere.
Il caso: i fatti e il contesto processuale
L’infortunio si è verificato all’interno di un’autorimessa in fase di impermeabilizzazione. Durante le lavorazioni, un operaio eseguiva fori a circa 7 cm da terra per inserire ferri d’armatura, utilizzando un trapano elettrico.
Nel corso dell’operazione, l’attrezzo gli sfuggiva di mano, provocandogli gravi lesioni e 116 giorni di inabilità al lavoro.
Il Tribunale di Genova, con sentenza del 17 dicembre 2024, aveva assolto il CSE, ritenendo che le misure di prevenzione relative al tipo di lavorazione non rientrassero nella sua sfera di controllo. Il Pubblico Ministero aveva impugnato la sentenza sostenendo che il CSE dovesse comunque prevedere, nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), misure preventive specifiche per tale rischio.
La Cassazione, confermando l’assoluzione, ha riaffermato un principio di grande rilievo per la pratica dei coordinatori: il CSE non è tenuto a valutare o disciplinare nel PSC tutti i rischi specifici delle singole lavorazioni.
CSE: una figura di coordinamento, non di direzione tecnica
La Corte ricorda che il CSE è un garante dell’organizzazione della sicurezza di cantiere, non un sorvegliante tecnico di ogni operazione.
Il suo ruolo è di coordinamento e vigilanza ad alto livello, volto a gestire le interferenze tra imprese, controllare l’attuazione del PSC e promuovere il rispetto delle regole di sicurezza.
In particolare, la responsabilità del CSE è connessa a:
- Omessa elaborazione del PSC o redazione incompleta rispetto ai rischi interferenziali;
- Mancata verifica dei POS delle imprese esecutrici;
- Omissione di aggiornamento del PSC in caso di variazioni organizzative;
- Mancato intervento in presenza di situazioni di grave pericolo.
Il CSE non ha invece l’obbligo di prevedere misure operative dettagliate per ogni fase di lavorazione: ciò rientra nelle competenze e nelle responsabilità del datore di lavoro e dei dirigenti tecnici dell’impresa esecutrice.
Rischio interferenziale e rischio specifico: la distinzione decisiva
Uno dei passaggi centrali della sentenza riguarda la distinzione tra rischio interferenziale e rischio specifico.
Il primo è legato alla compresenza di più imprese o lavoratori autonomi nello stesso cantiere; il secondo riguarda l’attività propria di una singola impresa.
La Cassazione ha chiarito che il CSE risponde solo dei rischi interferenziali generali, ossia di quelli derivanti dall’interazione tra più soggetti.
I rischi specifici – come la manipolazione di attrezzi, l’uso di macchine o le tecniche esecutive – restano in capo all’impresa che li gestisce.
Nel caso in esame, la perforazione a bassa quota e l’uso del trapano rientravano chiaramente nella sfera di rischio specifico dell’impresa esecutrice: il CSE non poteva essere ritenuto responsabile per l’omessa previsione di misure operative che spettavano al datore di lavoro.
L’obbligo di “alta vigilanza”
Il termine “alta vigilanza” viene spesso frainteso.
Il CSE deve verificare che le imprese si attengano al PSC e che le interferenze vengano gestite, ma non è un ispettore costantemente presente in cantiere. Secondo la Cassazione, la vigilanza del CSE è di tipo organizzativo e documentale, non esecutiva.
Tuttavia, il coordinatore ha l’obbligo di intervenire:
- Se riscontra comportamenti palesemente pericolosi o contrari al PSC;
- Se emergono nuove interferenze tra lavorazioni non previste;
- Se si verifica una situazione di pericolo grave e immediato, in cui deve sospendere i lavori.
Questi obblighi derivano direttamente dall’art. 92, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 81/2008, che stabilisce i doveri di coordinamento e controllo del CSE.
Riflessioni operative per i coordinatori
La sentenza 23840/2025 fornisce spunti concreti per migliorare la gestione dei cantieri.
Ecco alcune buone pratiche operative per i professionisti della sicurezza:
- PSC chiaro e focalizzato: indicare i rischi interferenziali reali, evitando eccessi descrittivi che riducono la leggibilità del documento.
- Verifica e coerenza POS-PSC: controllare che i POS delle imprese siano coerenti con il PSC, segnalando eventuali carenze.
- Tracciabilità: documentare tutte le verifiche, le riunioni di coordinamento e le comunicazioni.
- Aggiornamento dinamico: modificare il PSC quando cambiano le condizioni operative o le imprese coinvolte.
- Formazione continua: mantenere aggiornate le competenze tecniche e giuridiche del CSE.
Seguendo queste linee, il coordinatore può dimostrare di aver esercitato la propria funzione di “alta vigilanza” in modo diligente e conforme alla legge.
Criticità e prospettive
Alcuni commentatori sottolineano che una lettura troppo restrittiva della responsabilità del CSE potrebbe indebolire la vigilanza sui cantieri.
In realtà, la Cassazione non intende “ridurre” la responsabilità, ma definirla con precisione, distinguendo tra doveri di coordinamento e doveri esecutivi.
È infatti pericoloso confondere il ruolo del CSE con quello di un “direttore dei lavori in materia di sicurezza”: funzioni diverse, responsabilità diverse.
Il CSE non progetta né dirige l’esecuzione tecnica delle opere: assicura che l’organizzazione della sicurezza sia coerente e coordinata.
Conclusioni
La sentenza n. 23840/2025 rappresenta un importante punto fermo nel diritto della sicurezza sul lavoro.
Essa rafforza la certezza giuridica dei coordinatori e, al contempo, richiama le imprese alle proprie responsabilità operative.
Il messaggio è chiaro:
“Il CSE non è il garante universale della sicurezza di cantiere, ma il regista dell’organizzazione delle misure di prevenzione.”
Per i coordinatori, significa operare con consapevolezza dei propri limiti, ma anche con rigore nel controllo e nella documentazione.
Per le imprese, implica maggiore attenzione alla formazione, alla pianificazione delle lavorazioni e alla corretta elaborazione dei POS.
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